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Durante questa estate appena trascorsa vi sarà sicuramente capitato di trovare dei rifiuti plastici in mare, mentre facevate una bella nuotata rilassante. Non è insolito, dato che la plastica, secondo un’indagine di Legambiente, si conferma il materiale più trovato sulle spiagge italiane.

Si tratta di un problema serio e da non sottovalutare che interessa il mondo intero, e i dati sono infatti allarmanti.

Ogni anno si calcola che nei mari di tutto il mondo finiscano purtroppo dai 4 ai 12 milioni di tonnellate di plastica, causando l’80% dell’inquinamento marino.

Bottiglie, sacchetti, imballaggi, reti da pesca, mozziconi di sigaretta, pesticidi… la maggior parte dei rifiuti prodotti dall’uomo finisce in un modo o nell’altro in mare, causando gravi conseguenze per la salute delle acque, della vita marina animale e vegetale, producendo danni forse irreparabili alla catena alimentare.

Analizziamo quali sono le cause dell’inquinamento marino e cosa possiamo fare per ridurre il problema e tutelare la salute dei mari.

Cos’è l’inquinamento marino?

Per inquinamento marino si intende la contaminazione e l’avvelenamento del mare, che ricopre il 71% circa della superficie terrestre. Questo comporta disastrose conseguenze, come la perdita di tantissime specie marine per soffocamento e per contatto con materiali dannosi, l’impoverimento delle risorse ittiche, danni al turismo, pericolo per i bagnanti che immergendosi nelle acque possono incontrare sostanze nocive.

Questo problema non riguarda solo le 5 isole di plastica più consistenti che sono in continua crescita negli Oceani, ma tocca anche il nostro Mar Mediterraneo.

Secondo studi recenti, 115 specie marine sono a rischio estinzione, dai mammiferi agli anfibi, fino agli uccelli marini. Le cause di morte sono soffocamento e ingestione di rifiuti plastici e non solo, ma anche intrappolamento e ferite.

Vediamo quali sono le cause dell’inquinamento del mare.

Le cause dell’inquinamento marino

Le cause dell’inquinamento del mare sono davvero tante:

  1. Plastica. Fa parte del nostro quotidiano tanto è che è difficile pensare ad un oggetto che non contenga, anche solo in minima parte, dei polimeri. La produzione di plastica è cresciuta negli ultimi anni di circa 20 tonnellate nel mondo, ma solo il 20% viene riciclata correttamente. Il resto finisce spesso in mare e si deposita nei fondali, danneggiando le specie marine che la ingeriscono poiché la scambiano per cibo e rischiano così di morire soffocati. Nelle acque e negli oceani si trovano anche le microplastiche, che derivano dall’abrasione degli pneumatici, dal lavaggio di tessuti sintetici o dalla disintegrazione di rifiuti plastici.
  2. Petrolio. Si tratta di una delle principali fonti di inquinamento idrico, che ha diverse volte causato dei disastri ambientali: ricordiamo, ad esempio, la collisione di due petroliere vicino alle isole di Galapagos nel 2002, che costrinse le autorità ecuadoriane ad evacuare tutti gli animali presenti sulla costa. Anche le imbarcazioni spesso contribuiscono ad inquinare le acque perché puliscono le loro cisterne in acqua e riversano, poi, tutto in mare. Le tecnologie, fortunatamente, permettono oggi di tenere sotto controllo la posizione delle navi e il loro eventuale scarico in mare di sostanze nocive. In questo modo si riduce il rischio di incidenti, e si sanziona anche chiunque riversi in mare sostanze tossiche.
  3. Scarichi industriali. Gli scarti liquidi delle industrie dovrebbero essere sempre depurati, tuttavia questo non sempre accade. Nei paesi in via di sviluppo e privi di controllo, vengono scaricate illegalmente diverse sostanze in mare, quali solfati, metalli pesanti e solventi, con gravi rischi per la salute umana e per le specie marine. Le sostanze chimiche continuano a finire per sbaglio nelle acque durante la loro produzione, l’uso e smaltimento delle merci.
  4. Liquami fognari. Anche le sostanze biologiche contaminano i nostri mari. Le acque reflue vanno depurate e trattate prima di essere riversate nei fiumi o nei mari. Gli scarichi riversati da corsi d’acqua interni del nostro territorio portano non solo al riversamento di liquami, ma anche di sostanze chimiche come detersivi e carta. Anche gli allevamenti animali e i loro scarichi nuocciono le acque del nostro pianeta.
  5. L’agricoltura. Un’altra causa dell’inquinamento marino sono i pesticidi e i fertilizzanti usati sulle piante, che attraverso l’irrigazione o la semplice pioggia, finiscono nelle falde e da lì nei corsi d’acqua. Un uso massiccio di fertilizzanti e pesticidi, quindi, rende anche l’acqua carica di questi elementi.
  6. La pesca. Anche i pescatori contribuiscono talvolta ad inquinare le acque perché perdono le reti in mare aperto o semplicemente gettano dalle barche quelle rotte. In esse restano intrappolati balene, delfini e altri mammiferi marini che soffocano fra atroci sofferenze. Pensate che solamente nel Mar Baltico finiscono ogni anno fino a 10 mila pezzi di reti di origine sconosciuta.

Come difendere la salute dei mari

La plastica non è biodegradabile, quindi se non viene smaltita correttamente né riciclata finisce nell’ambiente favorendo l’alterazione degli ecosistemi. La scorretta gestione dei rifiuti urbani è, infatti, tra i principali responsabili dell’inquinamento marino e del suolo.

Le soluzioni e i rimedi per contrastare il problema partono dalla riduzione della produzione e del consumo di plastica.

Ecco le azioni che tutti possono mettere in pratica per dare un contributo e tutelare i nostri mari:

  1. Riusare
  2. Recuperare
  3. Ridurre
  4. Riciclare

Si consiglia di optare per prodotti con meno imballaggi, borse in stoffa, batterie ricaricabili, usare il vetro al posto della plastica, dare nuova vita ad oggetti che hanno perso la loro funzione.

Fondamentale adottare la raccolta differenziata e farla con attenzione per garantire un corretto riciclo della plastica.

Oltre all’azione dei singoli, negli ultimi anni diverse organizzazioni, come GreenPeace, stanno lavorando ad una soluzione per la salvaguardia di mari e oceani. Un progetto interessante è “The Ocean Cleanup” nato per combattere la diffusione dannosa di plastica in mare.

Ma da soli non bastano, servono proposte concrete e decisioni prese dai singoli stati e dalla comunità internazionale per ridurre quella parte maggioritaria di plastica che dalla terra finisce in mare, e per ripulire i fiumi, tra le principali fonti di rilascio di rifiuti plastici nei mari e oceani.

E in Italia?

Per quanto riguarda le politiche adottate dall’Italia, nel 2015 è stata approvata la legge 452 bis con la quale è entrato in vigore il reato d’inquinamento ambientale con reclusione dai 2 ai 5 anni per chiunque contamini le acque e l’aria delle nostre città.

Nel 1° gennaio 2018 è stata anche approvata la legge che ha imposto il pagamento per l’utilizzo di shopper biodegradabili e compostabili, secondo le indicazioni della direttiva 2015/720 dell’Unione Europea, e dal 2019 ha rimosso da mercato i cotton fioc prodotti con bastoncini di plastica sostituendoli con bastoncini biodegradabili.

La strada da percorrere è ancora lunga, ma è evidente che per una reale inversione di tendenza è necessario un cambiamento di abitudini d’acquisto, corrette pratiche di riciclo e di raccolta differenziata, riduzione, recupero e riutilizzo degli oggetti in plastica.

Per noi di Nieddittas il rispetto per il mare e per l’ambiente è da sempre uno dei valori fondamentali della nostra comunità. Nella gestione dell’allevamento facciamo particolare attenzione anche al recupero degli elementi fissi che, a causa delle mareggiate, possono staccarsi dall’allevamento e depositarsi sul fondo marino. Le nostre procedure di qualità prevedono anche il controllo periodico e la conseguente pulizia dei fondali marini sotto i nostri vivai e più in generale nelle acque del Golfo vicine ai nostri allevamenti.

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